[25 novembre 1968]
L'Aquila
Un momento durante il processo; sono ritratti gli imputati, da sinistra: Pietro Frosini (ex presidente della IV Sezione del Consiglio superiore Lavori pubblici e membro della Commissione di collaudo), Curzio Batini (presidente della IV Sezione del Consiglio superiore Lavori pubblici), Roberto Marin (ex direttore generale dell'Enel-Sade), Dino Tonini (capo dell'ufficio studi della Sade), Alberico Biadene (direttore del Servizio costruzioni idrauliche della Sade), Almo Violin (ingegnere capo del Genio civile di Belluno) e Augusto Ghetti (direttore dell'Istituto di Idraulica dell'Università di Padova e responsabile degli esperimenti sul modello in scala di Nove)
La sera del 9 ottobre 1963 la diga del Vajont e il bacino artificiale vengono colpiti da una frana che crolla dalle pendici settentrionali del Monte Toc. La caduta provoca la tracimazione delle acque che interessa i territori di Erto e Casso e del fondovalle veneto (coinvolgendo principalmente il comune di Longarone), causando la distruzione degli abitati. Il numero delle vittime, secondo le stime più attendibili, è di 1917 persone. A distanza di qualche anno viene avviata la ricostruzione dei comuni colpiti dal disastro. Il processo contro Enel e Sade si apre a cinque anni dalla tragedia, il 25 novembre 1968 a L'Aquila. L'accusa è di disastro colposo di frana aggravato dalla prevedibilità dell'evento, inondazione e omicidi colposi plurimi. La vicenda processuale si conclude il 27 luglio 2000 con la firma dell'accordo definitivo per il risarcimento delle vittime e dei danni causati dalla frana da parte dei tre corresponsabili: Stato, Enel e Montedison.
Bibliografia: Il processo per la strage del Vajont (13/11/2019)
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